Oggi è l’ultimo giorno di agosto. Per la maggioranza delle persone coincide con la fine dell’estate.

Ma non qui. Ad Arcevia l’estate finisce ufficialmente l’ultima domenica di Settembre, con la Festa dell’Uva, la festa che racchiude in sè tutte le anime e le sfaccettature di un territorio vastissimo.

Come ogni Festa che in Italia celebra il raccolto e la cultura contadina, ha origini nel ventennio fascista. Abolita durante la guerra, è stata ripristinata all’inizio degli anni ’60.

Fino a 25 anni fa, la Festa consisteva solo nella sfilata dei Carri Allegorici la domenica pomeriggio, ma un assessore lungimirante, Marcellino Marcellini, decise, d’accordo con le Associazioni del territorio, di trasformarla in tre giorni dedicati al buon vino e al buon cibo, con stands enogastronomici. Negli anni l’offerta enogastronomica si è affinata, interpretando nel migliore dei modi e con le migliori materie prime la nostra cultura culinaria, innaffiandola con il Verdicchio delle cantine limitrofe.

Slow Food premia il miglior “Piatto Povero”, celebrando la miglior interpretazione della Cucina Povera di materie prime, ma non di sapore e tradizione.

Il Sommo Poeta Giacomo Leopardi ha descritto perfettamente il senso di attesa nel “Sabato del Villaggio“. Arcevia vive ogni giorno del mese di Settembre come se fosse Sabato, in attesa dei tre giorni e tre notti di festa e divertimento che, come nelle favole, animano il Centro Storico.

L’attesa è ancora più forte nei ragazzi delle sei Associazioni che realizzano i Carri Allegorici, seguendo un tema scelto dalla Proloco, interpretandolo sotto l’aspetto scenografico, con legno, polistirolo, cartapesta e colori brillanti, e sceneggiativo, interpretando una pantomima in cui mixano sapientemente il tema del Carro con il tema del vino, lasciando spunti di riflessione negli spettatori.

E’ un lavoro immane che riempie le giornate dei “Carristi” fin dai primi giorni di agosto, divisi tra “Sceneggiatori” e “Progettisti”: i primi cercano la migliore interpretazione del tema, che sia originale, diversa dalle altre e “lasci il segno” nei giudici e negli spettatori, i secondi dando forma alle idee, con progetti degni della Cattedrale descritta da Ken Follett ne “I pilastri della Terra”.

Un mese che i Carristi trascorrono costruendo e montando strutture di legno, che negli anni hanno avuto la forma di Torri Civiche, piazze, giostre di cavalli, Depositi di zio Paperone, Casette di Marzapane, fontane, Teatri, Aule del Parlamento, personaggi fiabeschi, borghi medioevali, libri di storia…

La struttura viene ricoperta di polistirolo, cartapesta e intonaco, levigata fino a essere liscia come un foulard di seta, senza la minima ruga o imperfezione, ogni minimo dettaglio rifinito con la lente d’ingrandimento e poi dipinta a colori brillanti, che riempiano gli occhi degli spettatori.

E finalmente dopo un mese di duro lavoro il carro è finito, è la Domenica della Festa dell’Uva, è arrivato il momento di mostrare al pubblico in piazza, gremita di persone, molte del posto, e tanti tanti turisti, alle famiglie, ai giovani, agli anziani, il frutto di tanta fatica.

Si va in scena: il primo Carro che sfila, per tradizione, è quello fatto dai bambini, dagli insegnanti e dai genitori della Scuola Primaria, i più piccoli sfilano davanti al carro, i più grandi interpretano la Scena che lo descrive; ogni bambino di Arcevia quando inizia la Scuola Primaria sogna il giorno che in quinta potrà salire sul carro.

A seguire, a estrazione, sfilano i Carri delle Associazioni: tra il brusio della folla, che lo analizza in ogni sua singola parte, entrano in scena gli interpreti, che guidati dalla voce narrante, recitano il copione alla base della genesi del Carro.

Finita la sfilata i carri vengono analizzati in ogni singola parte da Maestri Carristi di Fano, scenografi teatrali, Maestri d’arte.

La sera, al tramonto, l’Attesa volge definitivamente al termine: è arrivato il momento della premiazione, e come ogni anno saranno lacrime di gioia per i vincitori, e di rabbia per i perdenti, qualche polemica, ma nessuna di queste lacrime impedirà l’anno successivo di ricominciare di nuovo questa magnifica avventura.

Ora siamo pronti ad accogliere l’autunno, con i suoi toni arancioni, momento di vendemmia e raccolta delle olive, portatore di nuovi sapori, di altri momenti ( e fortunatamente non sono pochi), dedicati alla buona tavola e al buon cibo.

 

Posted by Roberto Morici

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